L’Animatore di Stop-Motion
In generale il pubblico è felicemente ignaro di chi sia ad animare uno specifico fantoccio in stop motion. Tuttavia, come gli attori interpretano i ruoli in modo diverso tra loro, così gli animatori guidano un personaggio in maniera del tutto personale. Questo può essere un punto di forza, ma quando alcuni di essi si trovano a lavorare insieme su una serie, invece può risultare difficile.
Ogni animatore è portato ad interpretare una scena a modo proprio e secondo le proprie peculiarità, rispondendo meglio ad alcune situazioni rispetto ad altri, ed è un bene che sia così.
Quando animiamo dei puppets doniamo ai nostri personaggini un qualcosa che forse altre tecniche non possono dare. Attraverso il tatto, la fisicità pura e il lavoro scrupoloso, c’è qualcosa che lega il pupazzetto al suo animatore come in una sorta di osmosi. Gli animatori instaurano un legame con i loro personaggi, anche se questo non succede sempre. Ci sono dei personaggi per cui non si prova simpatia, e ciò ne determina solo una decente prestazione meccanica. Con altri invece, può esserci una connessione bidirezionale emotiva e fisica, con il burattino che sfida i suoi materiali di base. I momenti in cui vive davvero un personaggio con molta probabilità possiamo notarli con la visione del lavoro finito.
Considerato che per realizzare un secondo di animazione occorrono 24 fotogrammi o poco meno, una delle qualità essenziali di cui un animatore ha bisogno oltre alla pazienza è senz’altro la meticolosità, se si è pigri difficilmente si può riuscire ad ottenere un risultato interessante.
L’altra indispensabile caratteristica che un animatore dovrebbe avere è la sensibilità artistica polivalente. Per riuscire a raccontare una storia direttamente al pubblico bisognerebbe riuscire ad utilizzare tutte le risorse che permette l’animazione, movimento, ritmo, gesto, design, musica. Occorrerebbe essere coreografi e musicali, esperti del linguaggio del corpo, essere registi con l’occhio di un pittore per la composizione e l’occhio di uno scultore per una chiara narrazione delle pose, perseverare per riuscire ad essere giocolieri di molti differenti set mantenuti come palline in aria allo stesso tempo.
L’elenco potrebbe continuare, ma soprattutto non dobbiamo dimenticare che serve essere anche narratori interessanti e considerare che per ogni storia raccontata c’è un pubblico.
Ci sono degli animatori non particolamente preoccupati per lo spettatore.
Se la propria ragione di fare film è pura catarsi personale, tanto vale andare da un terapeuta.
Il bravo regista-animatore sente il desiderio di raccontare una storia, di comunicarla rendendola il più interessante e più chiara possibile.
Molti lavori possono essere pieni di riferimenti, giochi di parole e convenzioni, ma è da differenziare la storia oscura dalla misteriosa che pretende in realtà di fornire una sfaccettatura in più alla storia. C’è una netta differenza tra l’essere un narratore enigmatico, che gioca con il pubblico ed esserne uno oscuro.
Con la libertà immaginativa che permette una stop-motion, è molto probabile che più di qualcuno abbia rischiato di avvicinarsi a quest’ultima categoria.