Piccola Fabbrica di Mostri

Questa è la prima intervista dedicata ad un model designer, lui è Stefano Prina architetto milanese classe 1964. Stefano ci ha espresso il suo interesse per il mondo dell’animazione nel quale vorrebbe far entrare le sue creature ancora senza vita, si tratta di particolarissime sculture mono-occhio che lui ha denominato monocoli.

 

Ciao Stefano, da quanti anni porti avanti la tua passione per il modellismo e da cosa pensi sia nata l’ispirazione che ti ha permesso di creare i tuoi mostri? 

Ero uno di quei bambini che si chiedevano cosa facesse funzionare un giocattolo e che non si dava pace fino a che non lo smembrava per ridurlo in tanti pezzettini. L’ispirazione credo sia nata dal tentativo di ritrarre il mio cane. Avevo un cane con due occhi molto sporgenti, cosa che gli dava un po’ l’espressione di Aldo Fabrizi. Quando ho provato a fargli un ritratto ho capito che dovevo realizzare i suoi occhi in tre dimensioni.

I mostri nascono da una ricerca che ho fatto sull’occhio.

Dopo diversi tentativi ho trovato una tecnica che mi permettesse di esplorare tutte le permutazioni di colore forma, pigmentazione dell’iride, con risultati che divertono me per primo. E’ sempre un momento magico quando vedo nascere un nuovo occhio perchè fino al momento della lucidatura neanche io so che aspetto avrà…

Da un occhio di 10 centimetri di diametro che tenevo stretto in mano alla realizzazione del primo mostro il passo è stato piuttosto breve. C’è molto vintage, molta fantascienza anni ’50 e ’60, ma anche lontani ricordi delle bellissime animazioni di Bruno Bozzetto.

 

occhilaboratorio

 

Quali monocoli ti piacerebbe animare e che tipo di sceneggiatura immagineresti per loro?

Ho pensato spesso che il passo successivo sarebbe quello dell’animazione vera e propria, un’arte che ha una forza evocativa straordinaria, ma della quale non ho alcuna esperienza.

Mi piacerebbe collaborare con chi conosce questo mezzo e scoprire le potenzialità espressive di queste figure tramite lo stop motion.

Figure che comunicano emozioni attraverso gli occhi e la propria corporeità fatta di oggetti industriali recuperati, delle storie molto minimali, magari sulla falsariga delle avventure di monsieur Hulot di Jacques Tati.

 

Due loschi giocatori di biliardo

Due loschi giocatori di biliardo

 

Nel tuo operato da architetto credi che in qualche modo il tuo amore per il mostro si sia manifestato?

Durante l’università ho scoperto che c’era una categoria di persone (gli architetti) disposta a pagare perchè facessi ciò che mi è sempre piaciuto: costruire oggetti, modellini, plastici, realizzare idee attraverso le mani. Somigliava molto a quello che ero sempre stato bravo a fare. In milanese si dice “ravanare”, in italiano ci vogliono molte più parole per spiegarlo, suona più o meno come : lavorare in modo compulsivo con attrezzi, oggetti, colori, imbrattando tutto di colla e di vernice. Questo è diventato esattamente il mio lavoro.

In cosa consiste la fase di creazione dei tuoi personaggi, ti adoperi partendo da un progetto cartaceo o parti direttamente dall’oggetto che prendi in considerazione?

Tutto parte da oggetti recuperati nei mercatini o miracolosamente salvati dall’obsolescenza delle discariche.

Il nome di piccola fabbrica di mostri è dovuto al fatto che dal mio laboratorio escono questi personaggi, vagamente antropomorfi, con dei processi che richiamano una mini-produzione industriale come l’ho mutuata dal mio lavoro di modellista. C’è la linea di produzione degli occhi, quella della mani e quella degli arti, i vari reparti di assemblaggio, finitura.

 

laboratorio

Piccola fabbrica di mostri

Stefano Prina : www.piccolafabbricadimostri.it